#00 Open Farm(-ing)
Quali sono i vantaggi della condivisione nell’agricoltura open source? Cosa si sta condividendo e quali comunità agricole hanno bisogno di condividere in futuro in Alto Adige – Südtirol?
Domande di questo tipo sono state affrontate nel nostro workshop a Mals – Malles, insieme agli agricoltori locali, ai rappresentanti delle organizzazioni sociali, turistiche e di sviluppo del territorio, a designer e ricercatrici, durante Hier und Da Festival e By Design o By Disaster.
All’inizio della primavera, in una stalla di architettura senza tempo presso l’azienda agricola biologica Sockerhof, a Mals – Malles, muu-baa ha mosso i primi passi. Opening the countryside! è stato il titolo del workshop tenutosi durante il festival Hier un Da Festival, il cui scopo era la promozione di riflessioni e azioni verso un’agricoltura sostenibile. Organizzato localmente, il festival rifletteva la volontà degli abitanti di cercare soluzioni alternative alla monocoltura intensiva che da decenni impoverisce la Val Venosta.
What Could a Farm Be? [Cosa potrebbe essere una fattoria? ] – quando la rete muu-baa non aveva ancora un nome ed era appena iniziata – insieme a Inland e BAU, ha facilitato il workshop sulla logica di open farming.
Nella prima parte del workshop, dal titolo Open Source Agriculture, il prof. Alastair Fuad-Luke ed Erica Boito hanno messo in discussione il concetto di apertura e condivisione da una prospettiva storica, hanno proposto una selezione di casi di studio e hanno chiesto ai partecipanti di fare brainstorming in gruppi sulla necessità di condivisione in agricoltura.
Secondo i partecipanti di questo workshop, le pratiche di condivisione nel settore agricolo sono guidate principalmente da due tipi di fattori: economico e relazionale. I benefici economici riguardano i costi, il tempo, le risorse e la condivisione dei rischi. I benefici relazionali riguardano i bisogni di connessione (essere umano – natura e tra individui) e di trasmissione (di informazioni, conoscenze e capacità). La condivisione è, in ogni caso, costruita sulla fiducia e la percezione del bisogno di condivisione sembra amplificarsi in condizioni di scarsità di risorse o di reddito.
In futuro, le comunità agricole potrebbero dover condividere manodopera, tecnologie, tecniche e risorse come l’energia e la terra. Potrebbero condividere anche una visione comune, un senso di appartenenza, emozioni positive e un paesaggio vivente – “un paesaggio di terra che è vissuto e coltivato“.
Inoltre, da un’analisi del linguaggio utilizzato nella prima parte del workshop, risulta che che le due parole chiave principali utilizzate dai partecipanti sono state “responsabilità” e “conoscenza“.
Nella seconda parte del workshop è stato presentato il progetto ALMA di Inland, curato da BAU, che riguarda il passato, il presente e i futuri speculativi. Il pubblico ha discusso di questioni che collegano pratiche artistiche, tradizioni e conflitti, nel quadro dello scenario agricolo locale.
Alcune riflessioni dalle conversazioni:
– C’è un’apparente tensione tra tradizione e innovazione intesi come valori. La maggior parte degli agricoltori sono legati alla tradizione. Questa tradizione rurale è interessante anche per gli abitanti delle città e delle città. L’innovazione e i cambiamenti richiedono tempo: c’è una sensazione generale di paura delle cose nuove e la percezione del rischio connesso a qualsiasi cambiamento è elevata.
– C’è la necessità di figure facilitatrici o mediatori che aiutino a sviluppare progetti urbano-rurali, sostenendo il dialogo tra le comunità agricole e che incoraggino la sperimentazione.
– La mancanza di tempo libero degli agricoltori deve essere tenuta in considerazione nello sviluppo di qualsiasi intervento.
In conclusione, è importante sottolineare qui la necessità di introdurre facilitatori che perseguono le interazioni tra i diversi attori e contesti (rurale-urbano) e la rilevanza che il mondo rurale riveste per la discussione sui possibili futuri agro-culturali.